IL TRIBUNALE DELLA LIBERTA'
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
                           PREMESSO IN FATTO
    Con  decreto  del  31  gennaio  1992  il  g.i.p. presso la pretura
 circondariale di Trani, su richiesta del p.m., disponeva il sequestro
 preventivo di alcuni silos utilizzati dalla S.OL.VI.C. s.r.l. per  lo
 stoccaggio delle acque di vegetazione, ritenendo che la utilizzazione
 di   tali   silos,   privi  dei  bacini  di  contenimento  prescritti
 dall'autorizzazione  provinciale  ottenuta  dalla  societa',  ed   in
 assenza  di  registrazione  dei quantitativi delle acque stoccate sui
 registri di carico e scarico  costituisse  una  situazione  di  grave
 pericolo  e  di  violazione della disposizione di cui all'art. 19 del
 d.P.R. n. 915/1982.
    Avverso il provvedimento citato proponeva  tempestivo  riesame  il
 difensore   del   legale   rappresentante   della   societa'  citata.
 All'udienza in camera di consiglio svolta innanzi a questo tribunale,
 dopo la relazione del giudice incaricato, il p.m. presso il tribunale
 comparso,  richiamandosi  a  note  scritte,  richiedeva   che   fosse
 dichiarata  la  nullita'  dell'udienza,  per mancata comunicazione di
 avviso al p.m. presso  la  procura  circondariale  procedente  ed  in
 subordine,  ove  questo collegio non ritenesse di poter consentire la
 richiesta partecipazione, in forza dell'art. 324,  sesto  comma,  del
 c.p.p.,  sollevava eccezione di incostituzionalita' di tale norma, in
 quanto contrastante con il disposto dell'art. 76 della Costituzione.
    La difesa, pur dichiarando di ritenere infondata la  richiesta  di
 partecipazione,  formulava istanza di invio dell'avviso di udienza al
 p.m. della procura circondariale competente, al fine  di  consentirle
 l'analisi del merito.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'art.  324,  sesto comma, del c.p.p., applicabile ex art. 322 del
 c.p.p. anche nel procedimento per il riesame del decreto di sequestro
 preventivo,  sancisce  che  la  legittimazione   a   partecipare   al
 procedimento  stesso  ed  a  ricevere  l'avviso dell'udienza camerale
 spetta al p.m. La genericita' della previsione normativa impone nella
 specie l'applicazione del  principio,  basilare  nel  nostro  sistema
 processuale,  che vuole la competenza del p.m. strettamente collegata
 con quella del giudice presso il quale il primo e' costituito.
    Trattasi di principio che trova il suo fondamento nell'art. 51 del
 c.p.p. e negli  artt.  2  e  70  dell'ordinamento  giudiziario  (come
 sostituiti dagli artt. 2 e 20 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449) e
 rispetto  al  quale  non  sono  previste  deroghe  per  il  riesame e
 l'appello in materia di misure cautelari.
    Una tale interpretazione  del  complesso  sistema  normativo,  che
 impone  l'esclusiva  legittimazione  del procuratore della Repubblica
 presso il tribunale del riesame, e'  stata  di  recente  affermata  a
 sezioni  unite dalla suprema Corte di cassazione con decisione n. 278
 del 31 maggio 1991.
    Pertanto rilevante e non manifestamente infondata si  appalesa  la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 324, sesto comma,
 del c.p.p.
    La questione e' rilevante perche' implica  la  individuazione  del
 p.m.  legittimato  a  partecipare all'udienza camerale di discussione
 del ricorso per riesame. Ne' la rilevanza  puo'  considerarsi  venuta
 meno  per  effetto  dell'acquiescenza della difesa alla richiesta del
 p.m., atteso che la  materia  non  puo'  ritenersi  rientrante  nella
 disponibilita'  delle  parti,  posto  che  la partecipazione del p.m.
 legittimato  attiene  al corretto svolgimento del processo e le rela-
 tive norme sono di ordine pubblico.  Ne consegue che ove  all'udienza
 camerale  partecipasse  un  p.m.  non legittimato la irritualita' del
 procedimento comporterebbe la nullita' dell'udienza e  di  tutti  gli
 atti  successivi,  ai  sensi del combinato disposto di cui agli artt.
 178 e 180 del c.p.p. (Cass. sez.  III, 30 maggio 1991, n. 2491).
    Cio' premesso rileva il tribunale che l'art. 324, sesto comma, del
 c.p.p., nella parte in cui prevede la legittimazione a partecipare al
 procedimento del p.m. presso il giudice del riesame, si pone in netto
 contrasto con la precisa volonta' del legislatore delegante.
    Invero, con la direttiva n. 3 dell'art. 2 della legge  n.  81/1987
 e'  stato  imposto  il principio per cui nel procedimento penale deve
 essere attuata la "partecipazione dell'accusa e della difesa su  basi
 di  parita'  in ogni stato e grado del procedimento". Ritenuto che la
 locuzione "in ogni stato .. del procedimento"  ricomprende  anche  lo
 sviluppo  incidentale  del  procedimento  di  primo  grado innanzi al
 tribunale della liberta', e' evidente come l'art. 324,  sesto  comma,
 del c.p.p., non consenta all'accusa di partecipare su basi di parita'
 con la difesa.
    La  disparita'  emerge  ove si consideri la delicatezza della fase
 delle indagini preliminari in cui si inserisce  la  fase  incidentale
 del  procedimento  di  riesame e la necessita' per il p.m. che quelle
 indagini conduce di effettuare  una  "discovery"  degli  indizi  gia'
 raccolti  che  consenta  da  un  lato  di  ottenere  la  conferma del
 provvedimento cautelare richiesto e dall'altra  di  non  pregiudicare
 l'ulteriore corso delle indagini.
    La  necessita',  ai  fini dell'attuazione del principio di parita'
 delle  parti  processuali  della  partecipazione  del  p.m.  che  sta
 compiendo  le  indagini  emerge  ancor piu' evidente ove si consideri
 che, a norma del combinato disposto degli artt. 324, quarto e settimo
 comma, e 309, nono comma, del c.p.p., chi ha proposto il  riesame  ha
 facolta'  di enunciare motivi nuovi davanti al giudice del riesame in
 sede di udienza camerale fino a che non abbia inizio la discussione e
 che il tribunale puo' decidere anche sulla base degli elementi  nuovi
 addotti  dalle  parti nel corso dell'udienza. Ne consegue che un p.m.
 diverso da quello procedente non e' in grado di sostenere l'accusa  a
 fronte di prove a sorpresa addotte dal difensore.
    Ne'  l'esigenza  di parita' e' idoneamente soddisfatta mediante il
 coordinamento e la collaborazione tra i due uffici del p.m.  a  mente
 dell'art.  371  del  c.p.p.  Invero,  lo scambio di informazioni e la
 trasmissione   di   atti   contemplati   da    detta    norma    sono
 istituzionalmente   previsti   in   ipotesi  di  indagini  collegate,
 ontologicamente diverse dal procedimento incidentale di  riesame,  di
 talche' lo scambio di informazioni costituirebbe un informale rimedio
 di  fatto  rispetto  ad  una  lacuna legislativa, comunque di per se'
 inidoneo a fronteggiare gli elementi nuovi addotti  dalla  difesa  in
 udienza, in considerazione della imprevedibilita' dei medesimi.
    La  norma  denunciata  si pone allora in contrasto non solo con il
 principio della parita' delle parti processuali sancito  dalla  legge
 delega,   ma   anche   con   quello  affermato  dall'art.  112  della
 Costituzione  della  obbligatorieta'  dell'azione   penale   il   cui
 esercizio  viene  necessariamente  compromesso ove gestito da un p.m.
 diverso da quello che ha piena conoscenza delle indagini  per  averle
 dirette.